La stagione d’oro delle piscine milanesi

Forse ora è difficile immaginarlo, ma fino ad un secolo fa Milano era una città d’acqua, quasi una piccola Venezia, con una rete capillare di canali usati per il trasporto delle merci ma non solo: nei navigli e nei canali i milanesi amavano infatti passare il loro tempo libero tra gare di nuoto, di tuffi e di canottaggio. Da questo amore per le attività balneari, nell’Ottocento nacquero le prime piscine pubbliche.

Dove oggi si trova l’Hotel Diana Sheraton a Porta Venezia, nel 1842 furono inaugurati i BAGNI DI DIANA, un vero e proprio stabilimento con un bacino artificiale costruito appositamente per il nuoto, circondato da cabine, un ristorante, un bar e un grande parco. Era destinato solo ai ricchi e al pubblico maschile, ma fu la prima vera e propria piscina d’Italia. Al grande pubblico erano destinate invece piscine pubbliche come quella di via CASTELFIDARDO, alimentate dalle acque dei navigli e divise per classi sociali.

I BAGNI DI DIANA (foto di Leone Soldati)
I bagni di Diana a Porta Venezia
La grande vasca dei Bagni di Diana

La vera svolta si ebbe però nel 1929. Quando i Navigli furono coperti e le vasche pubbliche furono chiuse perché le acque non erano più sicure, il Comune di Milano decise di ideare, in linea con l’idea fascista dello sport come attività obbligatoria e necessaria, un vero e proprio piano, unico in tutta Europa, per la costruzione di 7 piscine pubbliche all’aperto, destinate al grande pubblico.

A capo del progetto vi era l’ingegnere LORENZO LUIGI SECCHI, allora a capo dell’Ufficio Tecnico del Comune. Delle 7 piscine pensate inizialmente ne furono realizzate 3, tutte però con caratteristiche all’avanguardia che fecero scuola in tutta Europa.

La piscina Guido Romano in una foto d'epoca
La Piscina Guido Romano con ancora la vasca dell’acqua bassa, Lorenzo Luigi Secchi, 1929
La piscina Romano oggi (foto da Radio Lombardia)

Nel 1929 fu inaugurata la piscina GUIDO ROMANO in zona Città Studi. Era la più grande vasca all’aperto d’Europa, misurava 100m x 40m e poteva ospitare fino a 1500 persone. Circondata da edifici in stile palladiano, aveva un impianto all’avanguardia che si serviva direttamente dalla falda e non più dai canali.

Nel 1934 fu la volta della PISCINA COZZI in viale Tunisia. Insieme a quella di Berlino, è stata la prima piscina olimpionica coperta d’Europa. Caratterizzata da una copertura a botte apribile, aveva spalti che potevano accogliere fino a 4000 persone e due trampolini.

L’interno della piscina Cozzi con la copertura a botte e le vetrate originali apribili

Nel 1939 fu costruita anche la PISCINA CAIMI, vero gioiello liberty restaurata recentemente dopo anni di incuria. La piscina era stata pensata all’interno di uno spazio polifunzionale dove svago e arte (vi era anche un teatro) si fondevano in un unico ambiente.

I Bagni Misteriosi ex piscina Caimi

Contemporaneamente alle piscine comunali si iniziarono a costruire anche bellissime piscine private, come quella di villa Necchi di Piero Portaluppi o quella di Giovanni Muzio per il Tennis club Bonacossa in zona Monteceneri, ancora oggi mantenuta allo stato originario con le sue cabine azzurre.

La piscina di Giovanni Muzio del Tennis Club Bonacossa, 1923-29 (foto di tcmBonacossa)
La piscina di VILLA NECCHI dell’architetto Piero Portaluppi, 1932-35 (foto da Feste di Milano)

Un discorso a parte va fatto invece per il LIDO. Concepito più come un luogo di puro svago in una zona che allora era ancora aperta campagna, può essere considerato l’antesignano degli Acquapark moderni. Vi erano onde artificiali, una spiaggia con vera sabbia, un caffè, un ristorante, una sala da ballo e un Luna Park. Il Lido, costruito su progetto di Cesare Marescotti, era gestito da una società privata, e il fatto di essere aperto a maschi e femmine insieme non era molto ben visto dal regime. Per questo motivo dopo qualche anno il comune ne rilevò la proprietà sostituendo al Luna park dei campi sportivi.

Il Lido con il Luna Park
Il Lido di Milano con il Luna Park sullo sfondo, 1930
Il Lido quando ancora c’era la seconda vasca

Sempre in questi anni va ricordato ovviamente il “mare di Milano”, l’IDROSCALO. Nato come invenzione del fascismo che vedeva negli idrovolanti il futuro dell’aviazione, fu poco sfruttato con questo scopo e quindi si pensò ad un altro uso: vi furono organizzate le Littoriali del Remo e diventò la spiaggia di tutti i milanesi che non potevano recarsi al mare. Ancora oggi l’idroscalo rimane l’unico bacino artificiale in grado di ospitare gare di canoa e canottaggio con tanto di tribune.

Nel dopoguerra purtroppo la costruzione degli impianti rallenta. Le attività sportive non sono più la priorità e solo durante il boom economico si riparte con la costruzione di veri e propri centri balneari votati però più allo svago che al nuoto come disciplina agonistica. Nascono così il CENTRO SCARIONI a Niguarda, luogo simbolo del boom con le sue architetture avveniristiche e le curiose vetrate sotterranee affacciate sulla vasca dei tuffi, la piscina ARGELATI caratterizzata da linee curve volute dall’architetto Arrighetti apposta per sottolinearne il fine di leisure pool e la piscina SOLARI, piccola vasca di quartiere costruita in mezzo al parco don Giussani.

Il centro Scarioni in una foto d'epoca (Milano Policroma)
Piscina Scarioni. La vasca, oggi chusa, dedicata ai tuffi e ai subacquei. Sulle pareti della vasca si aprivano finestre che dagli ambienti interni permettevano di vedere sott’acqua .1958
Una foto recente della piscina Scarioni

La grande stagione delle piscine pubbliche si conclude in questi anni, da allora nessuna amministrazione comunale ha voluto proseguire purtroppo con un piano preciso.

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